“What’s important, what’s really important, is enjoying every day you have above the ground and trying to be as creative as you can. And in that is where I find the joy"
Ci sono dei dischi che negli anni ottanta non ho mai ascoltato. E non so se e' un peccato o potevo tranquillamente sopravvivere senza. Tra questi dischi scoperti solo recentemente, grazie a Stefano degli SpacePony, che ha associato una versione acustica di Tiny Trains ai loro, ci sono i Man at Works. Ero l'unico ad averli rimossi? Eppura bastano alcune note della raggeggiante (il raggae era IL FUTURO!!) dell'intimanilliano "Down under" e l'eitissimo ("molto anni ottanta") intro di sassofono di "Who can it be now" per riportarli subito alla mente. "Who can It be now?". Insomma... Colin Hay: chi era costui? Forse un prozio di qualche famoso DJ?
Sicuramente il ragazzo ha ritrovato parzialmente un po' di popolarita' grazie alla colonna sonora di "Garden State" e "Scrubs" (per la serie: la mafia conta). Ma c'è stato un tempo in cui i M@W venivano ricordati non solo per i loro video bizzarri e irriverenti, ma per essere stata la prima band australiana ad aver vinto un grammy award e a sfondare le scatole delle charts inglesi e amerigane.
A parte cose talmente pacchiane da rasentare il buzzurro, comunque molto piacevoli, i M@W sono stati capaci di uscire fuori anche con rare peeerle quali "Still Life", a meta' tra Marillion e Police.
Ora, la prossima volta che vi recate in autostrada, guardate quel cartello con solennità e maggiore rispetto. Se avete un po' di culo nella prossima piazzola di sosta potrebbero proprio esserci loro, proprio come annunciato dalla insegna elettronica:"MEN AT WORKS"
Attendendo una cover degli Weezer, a noi piace dimenticarceli cosi':
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