lunedì, dicembre 21

All We Have Broken Shines


"E' una figata!" ~(Enrico, il nuovo batterista dei The Clever Square alla domanda "Come ci si sente a suonare nei The Clever Square)

Allora. Dov'ero rimasto? Indietro come le palle del cane, eh? Mi sa poprio di sì. Cerchiamo di tirare le fila (primi che tiri le cuoia).


Il concerto degli Art Brut è stato semplicemente MERAVIGLIOSO (vedi report qui). La band di Argos continua a migliorare man mano che perde fan sul terreno album dopo album (questa è la maledizione delle band inglesi protette da NME). Mi ha fatto molto piacere rivedere una vecchia amica e convenire con lei di non essere nemmeno al corrente del fatto che gli Art AVESSERO FATTO un terzo album prima di arrivare al Bronson quella sera. Fantastica la ragazzina che ha ballato di fronte al palco per tutta la serata. Ho fatto due chiacchiere con il chitarrista. Si era detto molto contento di chiudere un lunghissimo tour proprio al Bronson, visto che le altre date (soprattutto tanti anni fa all'Hana) erano state molto divertenti e con un'accoglienza calmorosa... ma che erano anche particolarmente felici di tornare a casa dopo un tour americano che gli ha tolto la vita! Un plauso alla pazienza del tecnico del suono, che con una calma degna del più supremo maestro zen ha tenuto bada al ragazzino della band di apertura che insisteva per cominciare ancora più tardi ("Guarda che non sei i Radiohead a Londra. Se la gente arriva tardi al cinema il film non la aspetta"). Insomma: mi dispiace di avere saltato gli Airpop (appuntamento con loro e i Magic Mushroom mercoledì per il tradizionale XMas Pop! al Diagonal) ma vedere suonare per la prima volta "Passenger" non ha avuto preso. Una presa per il culo tale a Iggy Pop da farlo diventare l'unico brano dove al posto di ballare mi tenevo in due la pancia piegato dal ridere.


Quella dei Brightblack Morning Light (report qui) all'Officina 49 è stata una serata veramente anomale, per certi versi quella che ricorderò con maggior piacere di quest'inverno, complice la decisione veramente unica di decidere di aprire le porte dell'Officina in un freddissimo lunedì, dove soltanto la gente che teneva veramente alla musica si è presentata ("Music, gets the people come toghether") socializzando come avrebbe potuto solo in un vecchio casolare in una baia di montagna, trovando un pò di calore all'interno delle viscere sorseggiando punch bello caldo e alcolico. Ad aprire la Brighblackkessa "Rio en Medio". Donna di una bellezza algida sotto quella pelle di orso che lasciava trasparire solo gli occhi di chiaggio (oh-oh-oh) e qualche biondissima ciocca di capelli. Giusto quello. Accantonata presto l'armonica folk con qualche passo reso ancora più incerto da non so quale sostanza liquida o gassosa in un imballatissimo palco, la ragazza neo redentrice delle radici del folk nuovo messicano alterna materne indicazioni all'uomo del mixer a sospiri sepolcrali solo in parte intonati, accompagnandosi per attimi che sembrano infiniti ad uno strano ukulele gigante che di brano in brano intonerà per quell'unico accordo che userà per accompagnarsi nella sua ballata medioevale/ritornello psicointimistico/brano inventato a caso sul momento.

Rimango perplesso e imbarazzato trattenendo qualsiasi giudizio, sentendomi al centro di un universo di tendenza e alternativo in cui sono io vittima di ripetuti ascolti di Beatles e Elvis Costello che non capisco un cazzo, fino a quando Franchini e Cola, forse anche loro un po' esitanti e in cerca di conferme, mi riportano con le loro perplessità a riancorarmi verso una rassicurante stabilità mentale.

Abbiamo goduto abbastanza della criptica bellezza distorta dell'angelica Danielle Stech-Homsy, quando tocca al gruppo di punta del ragazzo, che la vuole questa volta collocata con tre dita della mano sinistra alle tastiere facendo rimpiangere la gloriosa Linda Eastman. Dopo solo due ore di soundcheck pomeridiano impiegate a fare in modo che la risonanza cosmica dei tamburi non collimasse con le vibrazioni clelesti dei capezzoli di Rachael Hughes, con pelle e abiti immersi nella proiezione degli scarti della migliore produzione Kubrichiana, parte la psicadelia sghemba dei Brightblack Morning Light, con Nathan Shineywater talmente strafatto che non riesce neanche a capire cosa sta succedendo nel momento in cui fa per cantare e il microfono non dà segno di psicadelia, mentre batteria e percussioni si alternano incrociandosi in asincronie siderali che rendono l'happening il non plus ultra per i nostalgici della psicadelia (quel movimento musicale per cui sei talmente preso a seguire il tempo della lancetta dell'orologio che non ti accordi di tutto quello che ti sta cirondando).


E fu notte e fu giorno. Il turno dei Clever Square (recensione qui). Stavo talmente male che non riuscivo veramente anche solo a pensare di uscire di casa. Menomale che i miei baldi amici Seek e Robbie sono passati a prendermi di forza.

Giusto per farvi capire l'assurdità della cosa al di là del mio stare male. Il clima la notte prima era... così!


Meno 9 gradi. Ma è stato figo esserci. Locale: imballato. Di Teenager. Storica la frase di Robbie:"Qui non puoi fare a meno di sentirti un po' pedofilo anche con l'età taroccata". Rendeva l'idea. La nuova formazione dei Clever ieri - sarà colpa del basso nuovo di Ste - era molto Pixies! La band ha presentato moltissimi brani nuovi e i vecchi classici. Il nuovo batterista molto preciso e puntuale, non ha sbagliato veramente un colpo. Attendiamo la band alla "Prova Bronson", non senza prima lasciarvi a questa meravigliosa perla che è spuntata da un accrocchio di ragazzini da dietro le quinte: "Ma secondo te i testi vogliono dire qualcosa? No, perchè quelli dei Beatles ad esempio non volevano dire un cazzo". Let it be.


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