domenica, giugno 11

Radio America

La mia scala di film e' grossolanamente suddivisa in queste categorie:
1) Inguardabile
2) E' valsa la pena spendere i soldi del biglietto ma non lo rivedrei
3) Non dividubile (acquistabile in dvd, in genere un film bello ma che non ha ne una colonna sonora degna di nota ne una fotografia che passi il mediocre)

4) Dividubile
5) Culto


Direi che Radio America ricade nella seconda categoria. Poi a dire il vero lo riguarderei anche volentieri, ma non lo acquisterei. La colonna sonora è ottima, i personaggi molto gradevoli, cast stellare.

A chi mi ha detto "e' una palla" (Len) rispondo come a tutti quelli a cui ha fatto schifo "Il Caimano". Non è che vi faccia schifo il film in se, non vi piace proprio l'autore o il genere (penso).

"Radio America" e' il classico film di Altman: il film si sviluppa seguendo le unita' shakespiriane di spazio, tempo e azione, svolgendosi praticamente in tempo reale, ha taglio documentaristico, una fotografia patinata che rasenta contemporaneamente la perfezone (ottimo l'utilizzo delle lenti bifocali), assenza di effetti speciali o ritocchi al computer. Io l'ho gradito perfino di piu' di altri suoi film precedenti.

In realta' poi è un film sulla morte creato per appagare l'ego del nazionalismo americano, contemporaneamente svelando la decadenza di certi valori statiunitensi, e di un certo modo di vivere (cosa che si evince da subito dal discorso improvvisato su "Huckleberry Finn"). Risulta difficile infatti dare una collocazione temporale precisa allo svolgere della storia, visto che con l'inserimento di alcuni elementi tecnologici verso la seconda parte del film palesa che in realta' la vicenda è ambientata ai giorni nostri.

Stupendo il contrasto di generi con l'inserimento di Madsen (non quello delle "Iene") nella figura di angelo della morte, talmente estraneo al contesto da sembrare un innesto di film di gangster in una pioneristica scampagnata notturna country.

Il film è continuamente pervaso da un'ironia molto sottile e pungente. Talmente sottile che non si nota quasi.


Forse il prossimo film di Altman parlerà dell'ultimo rampollo di una famiglia di orchestrali romanoli che darà l'ultima festa danzante a base di waltzer e mazurca su una nave che affonderà, nella scena clou, nel pacifico Mare Adriatico a largo degli scogli. Proprio come il Titanic. Ma si chiamerà Principessa.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Ottima recensione. Mi hai invogliato ad andarlo a vedere.

len ha detto...

Considerando che gli unici film di Altman che ho visto sono America oggi, La fortuna di Cookie e Il dottot T e le donne, questo mi sembra ben più noioso e un pò troppo piatto..appunto molto documentaristico.. negli altri una storia c'era.. qui il secondo tempo ripete in modo identico il primo.. con gli stessi a esibirsi sulla scena solo con canzoni diverse.. si è bello da vedere però ripeto.. ronf ronf..

comunque bella recensione e attendo con ansia il film sull'orchestra Casadei*

20nd ha detto...

@ Len: Non ho visto ne Cookie ne "Il dottor T e le donne". Gli altri film che ho visto (nei 90) di Altman erano sostanzialmenti identici a questo per struttura e propositi. Ovvero: Non avevano una trama. Per forza il primo tempo e' uguale al secondo: e' uno spettacolo radiofonico, non e' che prima e' uno spettacolo radiofonico poi diventa Dallas! :P

E' come vedere un concerto al cinema... A me non ha fatto ronfare. Sono abituato a film ben piu' pallosi... Ma penso che sia questione di gusti. Probabilmente Mission Impossible mi avrebbe fatto lo stesso effetto che ha avuto questo film su di te... :\

Viva la poliedricita' dei gusti! :DDD

20nd ha detto...

Comunque film gradevole ma decisamente non un capolavoro. Puro esercizio di stile per appassionati di cinematografia d'essai come me. Se non avete mai visto niente di Altman, Wenders o Antonioni evitate assolutamente. O vi verrebbe voglia di uccidermi :P

20nd ha detto...

" “A Prairie Home Companion� has many lovely and funny moments, but there’s not a lot going on. Dramatically, it’s mellow to the
point of inertia. There may not be any sweat, but there isn’t any heat, either."

The New Yorker

20nd ha detto...

"Robert Altman's "A Prairie Home Companion" is a raggedy dandelion-head of a movie -- shaggier, even, than most Altman movies, considering we're talking about a director who prefers improvisatory flight to strictly defined structure. It's by no means the greatest Altman, and not even a great Altman. And yet, even though it was written and conceived by Garrison Keillor -- as a fanciful fiction that draws on elements of his popular radio show -- it is somehow pure Altman. The way the lines of dialogue nip at one another's heels, the way disparate individuals drift into makeshift families that are both tighter and more contentious than flesh-and-blood ones: Those are Altman's maker's marks, and their presence here is indelible and reassuring.

Those trademarks are so vivid that some longtime Altman fans (and certainly many Altman detractors) may claim that the 81-year-old director is just retracing the territory that made him a maverick in the '70s. What's more, "A Prairie Home Companion" is about the very last performance of a radio variety show -- a show that has miraculously survived for years even in the age of television, a show that, as one character puts it, has been on the air "since Jesus was in the third grade." For that reason alone, some moviegoers may see the picture as an act of desperation: Altman the outmoded cowpoke is getting ready to shamble into the sunset, so why not make a movie about a form of entertainment that's practically outmoded?

...

And so, late in "A Prairie Home Companion," by the time the whole ensemble takes the stage to sing "In the Sweet By and By" -- a song that is, in the strictest sense, about moving optimistically toward the afterlife, but one that could also be simply about striding toward the uncertainty of the future -- it becomes clear that this movie isn't just a lament for the past, a case of an old man making a movie about olden times. Altman, along with his cast, is singing for all of us, for those of us who continue to love movies no matter how often we get burned. Maybe we're dinosaurs. But we're all dinosaurs, together."


Frances