"Al di là di tutte le lodi, gli album d'oro e di platino, i concerti, i film ed il folklore di Bob Dylan, quale miglior tributo potevate ricevere in quanto artista e scrittore che un party dei vostri personaggi in cui il posto era stipato di gente e tutti si sono divertiti. "
Cameron Crowe
"Finchè saprai spiegarti, ti seguiranno"
Marco Castoldi
Lo attendevo da un pezzo il nuovo film su Bob Dylan. I tempi di realizzazione sono stati smisurati, e si sapeva gia' piu' o meno tutto sulla pellicola dai rotocalchi e internet ancora prima che cominciassero a girarlo. Se mi è piaciuto? Pofforbacchio che si'! Dylan viene smontato e rimontato nei suoi periodi di cambiamento (neanche fosse stato questa ecletticita' bowiana poi, al regista di Velvet Goldmine e i fan probabilmente piace credere cosi'.) attraverso nomi e identita' da riscoprire neanche fosse Dr.Who, cambiando etichetta, volto ed eccentricità ad ogni morte spirituale per trovare quindi nuova vita. Probabilmente Dylan esisteva ancora prima di essere Zimmy, e si è rigenerato su un letto di ospedale come Woody Guthrie ( in un piccolo fenomeno spaccone fuggitivo che se ne è fuggito via confuso con tutte le esperienze accumulate in una vita. E chissà poi ora in chi troverà nuova forma.
Si', perchè Dylan è stato Giuda, è stato Jack, Alias di se stesso innumerevoli volte manco fosse attore del suo film, sbattendosene altamente i coglioni di chi fosse veramente ma non di cosa gli altri pensassero di lui, diventando perfino Regina giocherellando con le troche degli anni 60 con quel "Mostro a Quattro Teste" dei Beatles, che nel film vengono spassosamente ritratti come chipnuts dementi in una sequenza da cartone animato.
E poi il folk che aveva strafracellato i maroni perfino a Dylan, che non voleva fare altro che racattare grana con la sua chitarra spiazzando la gente. Tutti volevano il Folk. Il Folk era onesto e sincero e scevro dalle logiche e gli interessi di mercato delle Major. Il folk: l'indie music degli anni 60.
Goduria tutta la processione in Desolation Road con i vari personaggi elencati nella canzone della strada che porta verso il giudizio universale su un Enigma, in cui un avido Garret giornalista cerca di piazzare la razionale strada della morbosa ricerca di una vendibile verità, mentre il mondo esplode (ma solo in televisione) e non ci sta capendo un cazzo di quello che succede.
Il momento piu' alto forse proprio una pausa in questa processione, dove la voce mozzafiato di Jim James dei My Morning Jackets si unisce ai Calexico nei panni dei Sergenti Pepi locali, ispiratissimi e all'apice della loro potenzialità, ci regalano una "Going to Acapulco" da brivido.
Con una mirabile ricostruzione storica di stili e oggetti scenici e brillanti citazioni cine-musicali (stupendo il richiamo in bianco e nero a Jean Vigo) il film rimane fruibile e godibile a tutti i fan che conoscono almeno i primi quindici anni di carriera del nostro e non si aspettino un bio-pic documentaristico e lineare. Probabilmente il film piu' filmico dell'anno, con la conseguente solita distribuzione di merda, ci lascia con un solo dubbio: era meglio la Rotolo o la Charlotte?
Cameron Crowe
"Finchè saprai spiegarti, ti seguiranno"
Marco Castoldi
Lo attendevo da un pezzo il nuovo film su Bob Dylan. I tempi di realizzazione sono stati smisurati, e si sapeva gia' piu' o meno tutto sulla pellicola dai rotocalchi e internet ancora prima che cominciassero a girarlo. Se mi è piaciuto? Pofforbacchio che si'! Dylan viene smontato e rimontato nei suoi periodi di cambiamento (neanche fosse stato questa ecletticita' bowiana poi, al regista di Velvet Goldmine e i fan probabilmente piace credere cosi'.) attraverso nomi e identita' da riscoprire neanche fosse Dr.Who, cambiando etichetta, volto ed eccentricità ad ogni morte spirituale per trovare quindi nuova vita. Probabilmente Dylan esisteva ancora prima di essere Zimmy, e si è rigenerato su un letto di ospedale come Woody Guthrie ( in un piccolo fenomeno spaccone fuggitivo che se ne è fuggito via confuso con tutte le esperienze accumulate in una vita. E chissà poi ora in chi troverà nuova forma.
Si', perchè Dylan è stato Giuda, è stato Jack, Alias di se stesso innumerevoli volte manco fosse attore del suo film, sbattendosene altamente i coglioni di chi fosse veramente ma non di cosa gli altri pensassero di lui, diventando perfino Regina giocherellando con le troche degli anni 60 con quel "Mostro a Quattro Teste" dei Beatles, che nel film vengono spassosamente ritratti come chipnuts dementi in una sequenza da cartone animato.
E poi il folk che aveva strafracellato i maroni perfino a Dylan, che non voleva fare altro che racattare grana con la sua chitarra spiazzando la gente. Tutti volevano il Folk. Il Folk era onesto e sincero e scevro dalle logiche e gli interessi di mercato delle Major. Il folk: l'indie music degli anni 60.
Goduria tutta la processione in Desolation Road con i vari personaggi elencati nella canzone della strada che porta verso il giudizio universale su un Enigma, in cui un avido Garret giornalista cerca di piazzare la razionale strada della morbosa ricerca di una vendibile verità, mentre il mondo esplode (ma solo in televisione) e non ci sta capendo un cazzo di quello che succede.
Il momento piu' alto forse proprio una pausa in questa processione, dove la voce mozzafiato di Jim James dei My Morning Jackets si unisce ai Calexico nei panni dei Sergenti Pepi locali, ispiratissimi e all'apice della loro potenzialità, ci regalano una "Going to Acapulco" da brivido.
Con una mirabile ricostruzione storica di stili e oggetti scenici e brillanti citazioni cine-musicali (stupendo il richiamo in bianco e nero a Jean Vigo) il film rimane fruibile e godibile a tutti i fan che conoscono almeno i primi quindici anni di carriera del nostro e non si aspettino un bio-pic documentaristico e lineare. Probabilmente il film piu' filmico dell'anno, con la conseguente solita distribuzione di merda, ci lascia con un solo dubbio: era meglio la Rotolo o la Charlotte?
10 commenti:
lo voglio vedere assolutamente!
stanotte ti ho sognato, eravamo in una piscina. mah.
Se vogliamo trovargli un difetto: il film finisce e ti chiedi: MAH!
Meglio la Rotolo. ;)
Io non conosco assolutamente Dylan, ma voglio andarlo assolutamente a vedere. Non si sa mai che possa appassionarmi a lui e scoprirlo... ;)
Detto spassionatamente: se non conosci un minimo certe cose iconografiche dell'immagine di Dylan, retroscena, amicizie, filmografia, copertine, almeno certe canzoni e un paio di album e relative fidanzate, non ci si capisce un cazzo.
Altra cosa importante che ho trascurato di dire (sapevo che qualcosa me lo sarei perso per strada!)
Il film (poi in realta' il libro da cui e' tratto) e' geniale perche' cerca di parlare di Dylan come Dylan avrebbe parlato di qualcun'altro il una sua canzone: ovvero trasfigurandolo, insinuando, mai palesendosi.
Grandioso il ritratto di Donovan ipernerdone XD
A mio giudizio cmq rimane molto piu' grande Cohen e - senz nessun passaggio logico - non vedo l'ora esca il film su Ian Curtis.
Cmq giudizio finale su "I'm not here": assolutamente dividubile
Dividubile? non afferro... :P
Era uno slang che avevamo coniato io e la mia Suzy Rotolo. Appena uscirono in commercio di DVD aveva un'insegnante che li chiamava dividu'. Quando un film ci piaveva molto (nei primi anni 2000 uscirono dei gran film cazzuti) un film poteva essere
1. Non andro' mai piu' al cinema
2. Lo odio
3. Carino ma non lo rivedrei
4. Bello, ma non dividubile
5. Dividubile
Ovvero "se lo vendessero in dvd all'uscita lo comprerei subito".
Altra nota: bello vedere il cantattore che interpreta Scrapper Blackwell (penso) che suona in una veranda facendo il SOL sulla chitarra come me quando non avevo ancora preso lezioni di piano (pollice sul mi stoppando li la)
Ha preso ispirazione da te. ;)
Quanto al film, lo vado a vedere e poi se mi piace dividuizzo! :D
Io ho preso ispirazione dalle simmie
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