venerdì, settembre 21

Santificazione

Nel caso ci fosse ancora qualcuno duro di orecchi li' fuori che non l'avesse capito, questo blog sta diventando decisamente Santa Dog centrico, e quindi da ora in poi non si parlera' di altro che Rowena Dugdale e la sua band da Bristol.

In particolare -oggi- ci occueremo del loro album di esordio "Kittyhawk", che e' stato preceduto da una vagonata di E.P. che noi fan ci stiamo gia' dannando per riuscire a rintracciare e recuperare. Fin dalla copertina "Kitty" ci fa capire di volere riaprire strane porte non aspettavamo altro fossero nuovamente sfondate. Grafica essenziale, sbiadita, patch e ritagli fotografici, "Kittyhawk" potrebbe essere stato benissimo pubblicato dalla 4AD in America ai tempi dei "Throwing Muses" invece che l'inconsistente SoundsXPerience, di fatto una label alle prime armi nata da una fanzine
(I Santa sono invece distribuiti da "Quince" in Giappone, paese piu' affine ad ascolti leggeri e che distribuisce fra gli altri "Mixtapes & Cellmates" e "Spearmint")

L'album si apre con "Big Bang", di cui circola il video in rete, talmente psichedelico e cosmico da semprare una plugin full screen di winamp. Dal primo attacco di chitarra è subito chiaro in quali direzioni ci vogliono portare Rowena e soci. Il tocco di Rob Williams alla chitarra è attento, curato, denota gusto e fantasia ad ogni passaggio, e richiama molto da vicino Peter Svensson di "Life" ed "Emerald" nei fraseggi jazzati e Marr in ritmiche pop-rock con suoni che non avrebbero sfigurato in una Peel session. O nella sigla di un cartone animato giapponese.

Cambi di tempo, frequenti passaggi fra accordi aperti e diminuite, fin dalla prima traccia si rimane straniti, rapiti da un'atmosfera altalenante fra euforia e malinconia, gioia e rimpianto. Forse si tratta solo di celebrare e ricordare con dolce rimpianto i momenti andati, quando la vita era piu' semplice, meno incasinata, prima che prendessimo le distanza l'uno dall'altra in quella grande esplosione di energia.

"Are you hot enough" punta subito i piedi in un altra direzione, con il suo ritmo cadenzato e un riff di chitarra secco alla "Getting Better". Grinta e ammiccamenti, specie se facionisti e gli inaspettati miagolii di Rowena fanno subito pensare piu' ai Long Blondes che gli Acid House Kings. Come tutte le canzoni dell'album, ti entra nel cervello e non esce piu'.

"Belle de Jour" rimane la mia preferita in assoluto. Non c'e' pezza. Con quella sua gioiosa - ma, attenzione, sempre malinconica - melodia (a tratti Smithiana, in altri addirittura Costelliana) che fa da supporto alla descirizione di un mondo intimo, sospeso fra edonicmo e nichilismo, di passioni e amori nati in un microcosmo umile, ma non per questo poco prezioso, di desideri e bisogni innocquamente potenti come urla di gioia soffocate in un cuscino. Capolavoro pop.

La traccia successiva è "Yeah Yeah Yeah", e per quanto la riascolti non posso fare a meno che sentirla cantanta, nella mia testa, da Nina Persson una decina di anni fa. Come d'altronde accade quando Rowena punta sui frasegig acuti in "Katy". Forse è questo che mi piace tanto dei Santa Dog. La band è una specie di legame con quanto c'e' stato di piu' spensierato e disperato nella mia adolescenza, dove tutto era incerto e contemporaneamente a portata di mano.

"Rosa" sicuramente "il pezzaccio", con quell'attacco di Rob da istant classic che funge da campanello d'allarme quando in discoteca sei al banco bar e capisci di fovere lasciare li' qualsiasi cosa tu abbia fra le mani per buttarti in pista a ballare. Il brano sfuma e riprende in "Chemical", quasi fosse una piccola suite, con un cristallino arpeggio di chitarra che trova anche i suoi momenti di carica e rabbia durante la chimica.

"West Coast Boy Racer" non avrebbe sfigrato in "Imperial Bedroom" ( A me ricorda molto una versione piu' grintosa di "Long HoneyMoon"). "Pop Coloured" è ancora una volta un'esplosione di gioia raccolta in attesa di detonare, talmente un gioiellino da poter passare tranquillamente per una produzione Tore Johansson, con una sana iniezione di club-pop londinese.

Il compito di chiudere "Kittyhawks" viene affidato a "Marthyr on the ropes", probabilmente la ballata maggiormente a matrice Cardiganiana dell'album. Con quell'ipnotico, straniante, quasi abbiato "Eh!Eh!Eh!" l'unico difetto che possiamo trovare al brano è quello di sfumare in modo troppo indefinito sulla fine del cd, senza dare un senso di completezza all'ascolto. Ci lascia insoddisfatti, insomma. Come un amante che deve fuggire all'improvviso senza nessun preavviso. Il dolce e l'amaro. Non è il gusto della vita? Se non lo è e vi piace solo pensarlo, i Santa Dog sono in questo senso la vostra colonna sonora ideale. Almeno, la mia.

2 commenti:

accento svedese ha detto...

Che bella rece. Non li conosco, mi hai fatto venir voglia di provarli. ;)

20nd ha detto...

:)