sabato, giugno 21

Making Movies

Premessa. Negozio di dischi. Scena del tipo Stefano sceglie un album e Gec gli dice "Ma che cazzo stai facendo, mettilo giu' e prendi quest'altro". La versione piu' matura al "Li ho sempre snobbati, ma mi sono dovuto ricredere" a Porlock è stata piu' o meno "I Dire Straits non sono solo Walk Of Live, prendi questo..."




Deliri di stomaco. "Making Movies" è uno di quegli album che bisogna avere punto. Io personalmente non sono molto impallinato con i Dire, ma "Making Movies" ha segnato un periodo molto "denso" della mia vita, ogni canzone presenta varieta', feeling, tecnica e compattezza allo stesso tempo, con una produzione "checomesoloneglianniottanta" ma energica e vitale, uno dei migliori attaccchi mai sentiti in un album (l'e-streettiano e sincronico piano-organo giostrescoRoy Bittan che esplode in quella meravigliosa giostra di maggiori, minori, delicate ninna nanne e repentine galoppate che e' "Tunnel Of Love"). Sicuramente il miglior album della band, ancora non svenduta al DioMtv, assieme all'esortio eponimo. "Romeo and Juliet" forze la piu' fica canzone d'amore mai scritta ma non priva di momenti elegantemente scoppiettanti come "Solid Rock", mentre "Hand In Hand" e' la canzone consolatoria perfetta, da mettere in loop all'infinito." Making Movies" seduce e rassicura per la sua musica scarna e umana, rilassata e incline alle sottigliezze più che agli effettismi.

Sui Dire. Nel panorama musicale inglese di fine anni '70 i Dire Straits rappresentano un curioso e felice anacronismo. Mentre intorno a loro impazzava la rivolta punk e gli eroi del momento si chiamavano Sex Pistols e Clash, mentre la musica di immediato consumo era imbottita di sintetizzatori e ritmi dance, che non ho mai sopportato, i quattro proponevano una miscela di rock chitarristico morbido, raffinato e un po' passatista, che trasferisce sulle rive del Tamigi tenui aromi americani. I quattro, in realtà, sno tali soltanto per convenzione: il deus ex machina del gruppo, compositore cantante e chiterrista, è il trentenne Mark Knopfer, insegnante di letteratura inglese, critico musicale e musicista a tempo perso nel circuito dei pub. Gli altri tre sono onesti comprimari e nulla più. Chitarrista dalla tecnica prodigiosa, Knopfler ha modellato il proprio stile strumentale sulla musica "laidback" di J. J. Cale e del Clapton di 461 Ocean Bolevard, la propria vocalitò su Bob Dylan e, ancora, su Cale. Ma la musica, per Knopfler e soci, nel 1977 è ancora un hobby. Il vero salto verso il professionismo avviene con un demo realizzato in casa e mandato in onda da un'emittente privata, che suscita l'interesse delal Vertigo.

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