martedì, giugno 9

Agente 238, rispondi!


Inviato da un'amica francese, che scrive di indie-pop qui.

L'album si chiama "Agent 238", e sarebbe stato carino lasciarlo anche come nome del progetto, diretto e suonato da Alexander Faem coadiuvato dalle voci sensuali di Clara Enghoff, Emmanuel Delacroy e Julie Fourner.

Perchè "Agent 238" è strepitoso? Semplicemente perchè i brani riescono a rimanere orecchiabili invitando ad ascolti ripetuti pur lasciando spazio ad unitarietà concettuale e ricerca. Violini, strumenti anomali, sintetizzatori che arrivano e scompaiono doppiando pianoforti, repentini cambi di intenzione melodica da scarni equilibri sospesi al delicato pop d'autore nel quale la Francia è sempre parsa rimanre maggiormente a suo agio rispetto ad un mondo preso a rincorrere le forsennate schitarrate americane. Eppure "Everest", cantata in Inglese, è tremendamente POP, e potrebbe rimanere benissimo sospesa tra Cardigans e Blur tra violini degni delle produzioni dei Sophia e clavicembali che ricordano un po' anche is Semble. Suoni. Produzioni. Sticazzi. Un disco assolutamente indipendente che potrebbe tranquillamente passare per l'album indie dell'anno, se non fosse per l'astio delle fascie indie-snob meno estremiste troppo avezze all'anglofonia.

L'indagine sull'Agente 238, misteriosamente scopmarso e non ancora rintracciato, si muove attraverso conversazioni segrete che ci riappacificano col buio della notte, per arrivare - tramite meravigliosi sprazzi pop tra rumori di fondo e dialoghi meravigliosamente televisivi - a guidarci con trasporto da Mogadiscio all'Everest nella necessaria identificazione del male.




Alexander Faem - "Fondu au noir"

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