domenica, novembre 29

Good



Finalmente, dopo una parentesi decisamente dimenticabile nelle pagine più deprimenti della mia salute fisica, sono tornati gli attimi di vita e divertimento. Chiamale se vuoi emozioni. Venerdì Robbie è stato così pazzo da fidarsi e accompagnarmi all'Officina 49 a vedere quella leggenda vivente di Mike Watt (di cui ho scritto qui)


Pubblico delle grandi occasioni (mi ha fatto piacere tornare all'Office, era da un pezzo che non ci mettevo piedi) è stata una bella occasione per vedere un po' di facce conosciute che mi mancavano e in particolare... Mister Breissss (Mr. Brace), il mio iniziatore al culto di Ariel Pink ("Cioè... tu vuoi dirmi che prima che ti recensissi non lo avevi mai ascoltato prima? Incredibile...) che ha sua volta segnato un punto da lunga distanza firmando un contratto con la 4AD, trovando finalmente un giusto riconoscimento alla sua persistenza e consistenza musicale. E così vengo a sapere che Brace, già giornalista musicale per RollingStone Magazine e leader indiscusso della Tafuzzi Records, ha avuto il tempo di andare in America e aprire una breve parentesi internazionale al suo curriculum musicale, fondando gli intermittenti "Mr. Brace & His Crooked Teeths", di cui l'estratto musicale.




Mike era accompagnato dagli altrettanto virtuosi Stefano Pilia (Massimo Volume) e Andrea Belfi (Rosolina Mar), che ci hanno regalato un onirico escurso musicale che è volato dal Punk Rock alla progressive passando per l'alt-rock con fortunatamente brevi parentesi di reading Emedioclementi Styla (S'infatti molti anno notato una strana presenza nella e alpianoinferioredella sala, una strana figura barbuta ma curata tutta in ghingeri più tirata della batteria di Andrea Belfi).

Emozionante. Non posso neanche più prenderlo per il culo (Mike, non Emidio) per via dei suoi squilibrati scatti animaleschi da Crazy Cow Syndrome, dopo che ho saputo che una brutta malattia l'aveva reso incapace di suonare il basso ed è riuscito a tornare a stupirci con tanta tecnica e sentimento dopo una tenace riabilitazione in cui J Macis ha fortemente creduto.

Tanta gente sembrava lì per caso semplicemente perchè era l'evento della settimana, e con confidenziale candore ammetteva di essersi fatta un po' due sporte, ma gli amanti del genere e i cultori del tecnicismo erano presi veramente nel loro mondo, dove non importava che i musicisti fossero cosi' bravi, ma che ci fossero delle padelle attaccate in fila vicino al campanaccio della mucca, l'archetto del violino fosse usato per la chitarra, le pelli della batteria fossero INCREDIBILMENTE TIRATE.

Il giorno dopo io e Mic Leffe, tarando i Tiny Tide sulla configurazione White Tides, siamo andati a suonare nel peggior bar di Caracas ("Mic, io ti aspetto in macchina. Se qualcuno mi sfacia i coglioni ti avviso che prendo su e vado a suonare in spiaggia..."). E glie l'ho chiesto! "Ma che cazzo vuol dire un commento del genere?". La risposta è stata quasi zen: "Che devi suonare più forte".


Il concerto in solitaria per batteria, armonica e chitarra è stato eccezionale. Non lo credevo. Probabilmente il migliore di sempre! L'intro blues, la voce che finalmente si sentiva, Yoshimi mai provata con Michele ("Ad un certo punto al posto di fare la seconda parte di Kitty Jesus fa uno stacco e va dritto, tieni lo stesso tempo e guardami quando stacco"), gli amici che sono stati così carini da venire in massa a fare un tifo della Ciccone (merito anche del concerto sospeso dei Mando Diao :P), SONG2 dapaura! (in compenso "Handle Me With Care" e "Walk Away Renee" non mi sono sentito di farle"), ben due chitarre con le corde strappate che mi hanno costretto a gesti folli come fare un bis con "A Song for EMI" solo batteria, voce e armonica (e bene che è venuta!) e fare un aftershow su insistenza della proprietaria del locale con Mic Leffe coadiuvato da un amico alla batteria e io sulle corde rimanenti della Gretsh a mano libera su assoli e ritmiche distorte giocando sulle effettiere in modo da esserci fatti strappare l'etichetta di "White Tides" (da White Stripes) a "I Zondini di Mirò".


Insomma: lanciatissimi sui virtuosismi, con un filo di gas, con una parte di assolo per batteria che avevamo preparato per la coda di "Do Mean It's A Mess", in cui Mic ha dato il meglio di se. Quella serata poteva accadere qualsiasi cosa dal gran che eravamo gasati. O forse era dal gran che eravamo terrorizzati, non ricordo bene! La chiusura è stata affidata nuovamente alle cover, con "Bye Bye Love" degli Everly Brothers seguita da una version R.E.M. tristona di "Sleeping in Your Hands" di Elisa.

Proprio una gran bella serata. Anche se il ricordo più divertente è quello di Fil che racconta delle sue "scorribande" sui muri Londinesi con relativo commento laconico del coniato che causticamente ribatte: "Not Anymore".

Senza il tifo degli amici questo assurdo concerto vicino al fiume partito a mezzanotte avrebbe perso metà della sua magia. Per questo voglio ringraziare veramente tutti quanti.



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