domenica, novembre 1

Jonathan be good!


Il fatto che mi ritrovi a scrivere due righe su queste pagine telematiche recensendo un concerto a distanza di una settimana la dice lunga sulla quantità di tempo libero a mia disposizione. E il bello è che è totalmente assurdo chiamarla "attività frenetica". Se tiri in ballo in una discussione quell'aggettivo uno si aspetta persone in giacca e cravatta intente a correre da un ufficio all'altro scambiando 24 ore con giornate più lunghe, aborigeni in fuga da legioni intere di tigri e leoni, formiche cinesi intente a girare gli ingranaggi del grande frantoio universale della macchina sgretolaconsumismo. Considerando che alla fine il tempo in cui vivo veramente si riduce a 4 ore quotidiane, non pensate a me intento come Dexter di Space Ace intento a saltare da un'astronave all'altra per salvare principesse spaziali. Attribuito alla mia persona, un'"attività frenetica" mi vede sempre immobile in una stanza a scrivere, comporre, suonare, consultare Facebook o imbrattare qualche blog (quando non suono in giro o guardo Heroes).



Dopo questo fantastico demenziale preambolo mi chiedo: ha senso scrivere qualche impressione su un concerto di una settimana fa quando ormai tutte le news musicali passano tutte prima da qui? Forse solo come uno dei tanti episodi da pagina di "Caro diario", giusto per scrivere due cazzate in italica lingua.

Bene. Ben due sabati fa sono andato a vedere il signor Johnathan Richman. Foto link e filmati li trovate qui. Forse il concerto più importante che ha avuto il Bronson quest'anno solare.

Importante perchè assieme ai Modern Lover, in concomitanza ai Violent Femmes, Johnny ha aperto le porte al pre-punk con la semplicità tipica del rock in stile musica garage, e con i suoi brani stralunati di presa immediata è riuscito a riempire alcune pagine della storia del rock con l'immediatezza che solo un bambino può avere alla poetica dell'io in un mondo totalmente fuori controllo e incomprensibile.

Johnny ha cantato di tanti poeti in un'ottica pop assolutamente unica. Van Gogh, Dalì, Picasso... eppure, occhi sbarrati fissi nel vuoto e eterno stupore in tracimazione da sguardo e bocca spalancata innanzi al pubblico quel sabato Johnny sembrava proprio... quel pazzo visionario di Ligabue! E chiaramente non mi sto riferendo al cantante groulatore italiano!


Come uno si sarebbe potuto aspettare dalla sua apparizione come narratore cantante in "Tutti pazzi per Mary", Johnny ci ha intrattenuto semplicemente con la sua chitarra e la batteria di Tommy Larkins, puntando tutto a immediatezza, sensazioni fisiche e dirette come i balli sghembi a lato palco, un umorismo tra il tragico e lo sfacciato da giullare eternamente fanciullo che lo ha posto ad un livello intermedio tra Paolo Conte e Benigni, con il biasimo di molti amici per una mancata sobrietà e la scelta di suonare gran parte del suo repertorio in pseudoitaliano o spagnolo in barba ai grandi classici (ci siamo rifatti alla fine con un'interminabile versione di "I was dancing in a lesbian bar").

Per quanto riguarda il mio sempre più fragile microcosmo sono stato veramente contento di avere risolto un altro di quei cicli incredibilmente significativi rimasti in sospeso in qualche attimo lontano della mia esistenza, in attesa di trovare compimento sensato in una supposta filosofia delle coincidenze sensate e ineludibili, come quelle tanto care a Salvador Dalì.

Chi l'avrebbe mai detto più di 10 anni fa che un giorno avrei avuto l'occasione di poter assistere dal vivo ad uno dei più autentici e genuini miti del rock? Suppongo di dovermi sentire un po' in debito con Chris (Il Landlord del Bronson) anche questo giro :)

2 commenti:

chris ha detto...

serata/concerto indimenticabile.
due tipi fenomenali giovanni e tommaso

20nd ha detto...

Si'. E' stata proprio una bella serata. Grazie ancora.