domenica, dicembre 23

Dream

Questa notte ho fatto un sogno. Uno di quelli: a) estremamente reali, di quelli che ti accorgi che è un sogno solo da insospettabili indizi di assurda perfezione; b) di quelli che non hai tempo di rimetterti a dormire nonostante tu sia avvolto da una sensazione di benessere e confort, perchè ogni secondo è prezioso per non scordarsi i piu' piccoli dettagli, e hai fretta di trovare un foglio di carta e una penna per fissare nella memoria un quardo comunque destinato a sbiadire col tempo.

Svolgimento. Xxx, quasi famosa cantante barra attrice, che se proprio dobbiamo indicare con un nome più carino e coinvolgente ribattezzeremo Azzurra, scende improvvisamente da un autobus. Non scende in un punto a caso. Scende lungo un viale di cemento che fiancheggia la casa dove ho trascorso gran parte delle giornate della mia infanzia.

Scende come da copione. Ovvero come se non fosse una persona in carne e ciccia come me e te, ma un'attrice (appunto) al'interno di uno spot publicitario. Neanche eterea, proprio distante, lontana. Compe i suoi movimenti da routine - scende dall'Autobus con tre passi contati, esita un'istante, getta uno sguardo prima sulla gonna, poi verso un punto vuoto dell'orizzonte, quindi prosegue disinvolta il cammino - distante come se lei fosse all'interno dello slogan e tu inerme dall'altra parte dello schermo.

Checcazzo. Decido di seguirla. Quasi mimando movimenti in risposta ai suoi, come camminando fianco a fianco di una commessa dall'altra parte della lunga vetrata di un negozio. Fatto sta che, questa volta, il trucco funziona. E qui dovrebbero essermi venuti i primi sospetti che si trattava di un sogno.

Azzurra era molto più giovane di quanto lo e' adesso. Forse perchè nel mio inconscio avra' sempre piu' o meno quell'eta'. Ma probabilmente ero più giovane anch'io. Ovvero l'eta' mentale che sono convinto di avere anche adesso, non tanto per autocoinvincimento ma per mia reale immaturita'.

Sorride, si ferma, mi dice di essersi presa una specie di giornata di libertà, in fuga dalla sua città, senza una meta particolare. Le chiedo se vuole vedere la mia di città, e accetta di buon grado, come se la cosa l'avesse improvvisamente resa felice e riportata di qualche passo dalla mia parte dello schermo, regalando un po' di sostanza alla sua vita.

Non le mostro gli aspetti più caratteristici di Cesena. Le mostro il luoghi più cari della mia infanzia. Proseguiamo quindi a piedi lungo il viale di cemento, e saliamo su un'irta collina.

In cima alla collina c'e' una visuale mozzafiato. Piu' che altro per l'altezza, non tanto per il panorama, che mostra l'incedere quotidiano di una piccola città trafficata da macchine e minuscoli pedoni in una provinciale urbanizzazione collinare. Il luogo su cui ci stiamo letteralmente arrampicando e' estremamente insicuro in quel punto. E' come creato da un'incastro di scatoloni, casse di legno e detriti

- Non guardare di sotto|
- Perchè?
- Se guardi di sotto ti vengono le vertigini
- Tempo fa mi insegnarono il trucco. Il trucco è non avere paura. Se non avrai paura potrai fare qualsiasi cosa
- Sarà. Ma poi se lo fai muori...

Ci mettiamo a sedere, uno di fianco all'altra. Lei è bellissima.

- Sto proprio bene con te
- Non possiamo vedeci ancora?

Non potevo non chiederlo, ma alcuni suoi silenzi e dall'idea che mi ero fatto della situazione, in cui mi immaginavo un colpo di testa di una ragazza in fuga da una gabbia dorata che sarebbe rimasto un episodio isolato, capivo benissimo quanto in realta' fosse insostenibilmente retorica la mia domanda.

- Più avanti. Sono stata bene con te.

Cortesia? Desiderio che la sua volontà sia più forte delle circostanze? Il dubbio rimane. Così come la sua risposta.

All'improvviso lo scenario cambia. E c''e' gente. Sempre un luogo da cui si può ammirare la città dall'alto, ma il classico posto che lasciavo intendere non fosse quello di prima, ovvero noto, con visuale degna di un quadro naturalista, pieno di turisti.

Qualcuno conosce Azzurrra. Il loro tentativo di assillarla con ogni tipo di domanda indiscreta e personale viene sedato da qualcuno che nota la presenza di Nancy Brilli (qui scadiamo ancora di piu' nel banale, ma date la colpa al mio inconscio, che ha pescato un personaggio random come fossero nei Sims) proprio al mio fianco (io non l'avevo neanche riconosciuta). Io e Azzurra ce la svignamo.

Torniamo lungo il viale di cemento, accompagnati dall'intervallarsi dei pini.

E' tardi, e dovremmo lasciarci. L'autobus sta per arrivare. E anche per ripartire.
Ma lei dice:"Io poi devo ancora parlarti. Andiamo da te?"

Da me in realtà , nel sogno, è dai miei nonni materni. Questo scenario è riportato indietro ancora di più anni, quando abitavano ancora al secondo piano di quella casa cosi' grande, dove passavo tutte le mie giornate da bambino, mia nonna era ancora in forma e mio nonno ancora vivo.

Saliamo le scale. Mio nonno, porta aperta del bagno, chiaramente completamente nudo, riesce a coprirsi in tempo con un lungo telo alzandolo in tempo usandolo come schermo dalla faccia alle caviglie. Mia nonna è alle prese col ferro da stiro proprio nella camera antistante (poteva farlo in salotto? noooo!) alla stanza dove dimoravo nel sogno.

Ci stendiamo sul letto (Io e Azzurra, non io e mia nonna). Cominciamo a comunicare. Sia a parole che con i silenzi, come si addice ad una partitura. Lei è ovviamente bellissima.

- Come ci si sente ad essere famosi?
- Com'e' vivere la tua vita?
- Come passi le tue giornate?
- Come immagini la tua esistenza?
- A cosa ti senti legata?

Solo una risposta.
- Sono stata bene con te

Abbraccio quel momento di perfetta felicità, aggrappandomi forte ad un momento di dolcissima purezza, abbracciando forte un attimo di infinita irreale perfezione, che valeva di più di tutte le risposte che sarebbe stato in grado di offrirmi la realtà.



Ci sediamo a contemplare il panorama. Sembra veramente felice.

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